Il pozzo di San Patrizio ad Orvieto: opera moderna ai tempi del Rinascimento

Antonio De Grandis  

NewTuscia Umbria – ORVIETO – Quando si pensa al pozzo di San Patrizio ad Orvieto, la maggior parte di noi rimane affascinato dalla particolarità e dall’originalità dell’opera, semplice e complessa al contempo. Due scale  a chiocciola, due spirali concentriche, una per la discesa ed una per la salita, che si avvolgono attorno ad un corpo cilindrico. Un’ opera realizzata nel ’500 e come tale relegata a quel periodo e che, come tutti i pozzi, fu realizzata per procurare acqua, nel caso specifico, alla popolazione di Orvieto ed alla sua guarnigione, in particolare in caso di assedio della città.
Ma se  entriamo nel dettaglio, ci accorgiamo che essa è stata un’opera  innovativa e particolare, che ha precorso, malgrado la volontà del suo ideatore, i tempi, anticipando molti concetti che ritroveremo, secoli dopo, nell’epoca  contemporanea.

Vediamo dunque di individuare quali sono le novità che la caratterizzano.

Per capire quest’opera, bisogna ripercorrere il procedimento mentale che ha portato al suo concepimento ed alla sua realizzazione partendo dalle motivazioni che ne avevano richiesto la costruzione.

Ad Antonio Da Sangallo, veniva richiesto di creare un’ opera idraulica in grado di fornire acqua alla popolazione ed alla guarnigione di Orvieto in caso di assedio.

Trovandosi Orvieto in cima ad una rupe ad isola, cioè senza collegamenti in quota con il territorio circostante, si offrivano al Sangallo soltanto due possibilità: o creare un acquedotto che dalle colline circostanti portasse l’acqua alla città, o scavare un pozzo. Scartata la prima ipotesi perché un acquedotto in caso di assedio può essere interrotto dal nemico oppure utilizzato per avvelenare la popolazione, al nostro architetto non restava che l’ipotesi del pozzo. Questa soluzione poneva però un primo importante problema.

Rivoluzionare l’uso tradizionale di un pozzo:                                                                                                                                                                                          Infatti, fornire di acqua, quotidianamente, una popolazione ed una guarnigione significa dover estrarre dal pozzo grandi quantità d’acqua ed in poco tempo, operazione impossibile con un pozzo tradizionale in un’epoca in cui ancora non esistevano le pompe ad immersione. Infatti calare con fune, in un pozzo profondo 54 metri, uno o più secchi all’interno di esso sino a raggiungere l’acqua presente sul fondo e poi tirare in superficie il secchio pieno d’acqua, avrebbe richiesto  troppo tempo.

In pratica, per velocizzare i tempi ed aumentare la quantità di acqua estratta, era necessario ridurre o meglio eliminare la distanza che separa la superficie dal pelo dell’acqua presente sul fondo del pozzo. Ed è qui che si manifesta l’idea geniale che rivoluziona l’uso tradizionale di un pozzo: estrarre l’acqua stando sul fondo del pozzo e non sulla cima.

Una catena di montaggio ante litteram:
L’acqua, estratta in quantità, sarà portata in superficie da squadre di muli che si succederanno a catena, utilizzando due scale elicoidali concentriche avvolte attorno alla canna del pozzo, una per la discesa ed una per la risalita in modo che le squadre di muli, quelle in discesa scariche e quelle in salita cariche, non s’intralcino.

Le due scale saranno messe in comunicazione mediante una passerella posta poco sopra il pelo dell’acqua  che, oltre ad unire le due scale, servirà per la sosta dei muli sottoposti al carico dell’acqua.

In pratica una sorta di catena di montaggio ante litteram, prima di quella applicata, ai primi del 1800, nei cantieri navali della marina militare britannica, da parte dell’ing. Marc Islambard Brunel ed ancor prima di quella più sofisticata e conosciuta, applicata, nel 1913, all’industria automobilistica da parte di Henry Ford che consacrerà, ufficialmente, l’inizio della produzione di massa.

Protagonista la funzione:
Per quanto detto sopra, possiamo dire che l’architettura del pozzo di San patrizio è stata plasmata dalla funzione o meglio dal funzionamento del pozzo. Infatti, stabilito che l’acqua si sarebbe estratta stando sul fondo del pozzo, era chiaro che sarebbe servita una scala per scendere e, tenuto conto del gran “traffico” di muli e persone che si sarebbe creato, era bene metterne anche una per la risalita, in maniera che chi scendeva e chi saliva non s’incontrassero, con il rischio di ostacolarsi.

Ma una scala può essere fatta in tanti modi, però una soltanto ti consente di risparmiare al massimo lo spazio, questa è la scala a chiocciola che avvolgendosi attorno ad un asse verticale sale verso l’alto occupando sempre la stessa superficie di base, si sarebbero perciò realizzate due scale a chiocciola concentriche e parallele avvolgenti il cilindro del pozzo. Il risultato è un’architettura che esalta, in tutti i suoi componenti, la forma circolare e la linea curva; dalla sezione orizzontale, costituita da due cerchi concentrici, quello del pozzo vero e proprio e quello che delimita le scale verso l’esterno, alle forme sinuose delle spirali delle scale, avvolte attorno alla canna del pozzo, agli archi delle finestre che dal pozzo illuminano la scala.

Anticipa l’architettura razionalista:

Il pozzo di San Patrizio è un’opera dove tutto ciò che è superfluo è bandito a cominciare dalle finiture, non ci sono imbotti alle finestre, tutto è in pratica lasciato al grezzo, in un’epoca, il 500, in cui le decorazioni ( colonne, capitelli, paraste, cornici ecc. ) sono le protagoniste principali.

Tale rinuncia è sicuramente determinata dal fatto che l’opera, sviluppandosi nel sottosuolo, è nascosta alla vista del pubblico. Sicuramente ai contemporanei del Sangallo un’opera del genere, se visibile, avrebbe fatto “arricciare” il naso, anzi mi viene da pensare che lo stesso Sangallo non ne avesse molta considerazione. Per noi “moderni”, educati alle forme pulite e senza orpelli dell’architettura funzionalista e razionalista, la visione del pozzo di San Patrizio suscita sentimenti diversi, di bellezza e di ammirazione, proprio perché il suo autore, senza volerlo, è riuscito a dare tanto con poco.
Spero che queste brevi osservazioni sul pozzo di San Patrizio, aiutino molte persone a guardare a quest’opera con occhi diversi, soprattutto a non fermarsi soltanto al suo aspetto esteriore, ma a considerare tutte le novità che in essa erano presenti sin dal suo concepimento, malgrado le intenzioni del suo creatore.
Permettetemi di concludere con una battuta: Sapete cos’hanno in comune Antonio Da Sangallo ed Henry Ford ?.  Un Pozzo! Infatti Antonio Da Sangallo ha fatto il pozzo di San Patrizio, Henry Ford un pozzo di soldi.

Buon’architettura a tutti.

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