Galleria Nazionale dell’Umbria: comunicare un museo d’arte medioevale in chiave pop
NewTuscia – PERUGIA – Il museo non è un luogo dove, semplicemente, si conservano delle opere che testimoniano un gusto e un sentire cristallizzato: esso è anche specchio e metafora della società passata e presente, e seme per l’educazione del futuro, in ogni declinazione.
Se considerassimo la Galleria come uno spazio nel quale la memoria si genera, un organismo vivo (e vivente) che ripone il suo obiettivo finale in una narrazione che sia semanticamente densa, valida sempre, e sempre rinnovabile.
Comunicare non è mai un processo neutrale, poiché un atto generato da una peculiare prospettiva, figlia di decisioni e di strategie in risposta a esigenze e contingenze: superando la concezione di pubblico come mero spettatore, la Galleria ha sposato una divulgazione in grado di proporre una fruizione attiva e propositiva, capace di attivare una narrazione che vada oltre la singola presenza o caratteristica, acquisendo quindi un valore individuale e per metonimia collettivo, che prescinde dalla componente oggettuale.
Le contingenze che si stanno vivendo hanno permesso una profonda riflessione sul ruolo della promozione, soprattutto digitale, di un museo.
La risposta che la Galleria ha sempre e coerentemente dato è stata prima di tutto una scelta di metodo e se si vuole di prospettiva: il virtuale, in quanto etimologicamente tale, è il luogo deputato all’alterità. E pertanto non è in grado, ontologicamente e semanticamente, di porsi come alternativa alla concretezza di una presenza nelle sale espositive. È piuttosto un potenziamento della capacità percettiva dello sguardo: spesso durante la visita fisica l’attenzione viene distolta o non si la possibilità di concentrarsi, per ragioni anche di tempo, sui dettagli, sull’infinitamente piccolo.
È questa la strada scelta dal museo di Perugia: l’uso delle piattaforme digitali in un sistema perfettamente integrato con la ‘tradizionale’ comunicazione analogica, per generare un momento di curiosità e di attenzione, non una sostituzione.
- Spotify
Alle 17 di venerdì 13 marzo la Galleria Nazionale dell’Umbria ha pubblicato sul proprio canale Spotify la palylist SONGS ABOUT ART dedicata alle canzoni che parlano di artisti, opere o gallerie d’arte.
È stata la prima, alla quale ne sono seguite altre, con cadenza più o meno regolare: playlist con brani di ‘oggi’, eleganti, raffinati, mai scontati (non potrebbe essere altrimenti, grazie alla straordinaria cultura musicale e l’indiscutibile gusto del direttore della GNU, Marco Pierini), in grado di essere evocati da opere lontanissime, nello spazio e, soprattutto del tempo.
Opere che non vengono mai citate per intero, ma solo attraverso i dettagli.
Spotify è stata la risposta a un’attività in loco, fisica e concreta, impossibile a causa della pandemia.
Ricorda il Direttore, che già dal 2016:
“Abbiamo aperto le nostre sale ai maggiori festival della città: Umbria Jazz, Sagra Musicale Umbra, Trasimeno Music Festival e L’Umbria che spacca, e parallelamente abbiamo allestito mostre fotografiche dedicate alla musica che hanno visto protagonisti Silvia Lelli e Roberto Masotti, Luca D’Agostino e Luciano Rossetti, Guido Harari, Jimmy Katz. Si è poi provveduto, grazie all’associazione Terre del Perugino e al maestro Daniele Bernardini, a ‘sonorizzare’ tutti i dipinti della Galleria dove compaiono concerti angelici, con registrazioni realizzate per l’occasione scegliendo brani che per organico strumentale, cronologia e ambito territoriale potessero essere accostati a ogni dipinto”.
Con l’evolversi della situazione epidemiologica, la Galleria Nazionale dell’Umbria ha attivato una strategia di comunicazione che non ha mai avuto la pretesa di sostituire la visita reale alle sale e alle collezioni.
Ha optato, invero, per una comunicazione che potenziasse, attraverso piattaforme nuove e in grado di parlare a pubblici diversi (senza che nessuno si sentisse escluso), le storie raccontate non solo dalle opere, ma anche dalle persone che hanno attraversato e tuttora attraversano la Galleria.
Senza mai rinunciare alla vocazione primaria di ogni museo, l’educazione (attraverso lo studio e la ricerca), la comunicazione della Galleria ha risposto alla provocazione di Quintiliano: movere, delectare, docere.
Tutti movimenti racchiusi nell’uso consapevole e, in qualche modo, criticamente sostenibile, di strumenti digitali, la cui declinazione è sempre responsabile, mai eccessiva, e sempre memore del contenuto da veicolare.
Non è un caso che per lanciare il profilo Spotify della Galleria sia stato chiamato Aimone Romizi dei FASK, il quale, attraverso un video, ha sottolineato l’importanza del museo perugino non solo per gli addetti ai lavori, ma anche per un territorio, come quello umbro, che presenta un sostrato culturale e di comunità in continuo divenire, tra tradizione e innovazione, in un perfetto connubio di memoria e pop.
Quasi 50.000 mila, insight stellari e impression che crescono vorticosamente di settimana e settimana, con un engangement che non si limita al solo territorio nazionale, ma ‘sconfina’ in modo esponenziale, fino a raggiungere l’Australia.
Il profilo Instagram della Galleria Nazionale dell’Umbria è questo e molto altro: un caso unico nel panorama dei musei italiani, dove, in generale, si riscontra più fatica a creare legami nel social delle immagini.
Per la GNU è l’opposto, invece: forse per la scelta di immagini che non si pongono mai come insieme, ma, sfruttando un procedimento caro alla letteratura come la sineddoche, usano il potere di un dettaglio (ben fotografato, si intende) per evocare il tutto.
E poi le storie: sempre aggiornate, sempre sul pezzo, sempre reattive.
Per informazioni: https://www.facebook.com/GalleriaUmbriaPerugia/